Chi non ricorda il ritratto struggente della madre di
Cecilia nei Promessi Sposi, Maruzza la Longa ne I Malavoglia, Fantine, la madre
di Cosette, ne I Miserabili, la madre di Ombretta in Piccolo mondo antico? La
figura della madre ha ispirato scrittori e artisti di tutti i tempi; sono testi
molto conosciuti, inseriti nelle antologia di letteratura delle scuole di ogni
ordine e grado per essere studiati e commentati. Eppure, questi testi hanno
sempre il loro fascino e stupiscono anche dopo molte frequentazioni.Pittori, scrittori, musicisti, commediografi… L’arte in
generale
ha sempre tributato un ruolo
centrale alla figura della mamma, così centrale che moltissimi artisti hanno
provato a raccontarla, rappresentarla, musicarla infondendo nelle loro opere
tutta la dolcezza, l’amore e la grandezza che il soggetto stesso ha ispirato
loro.
Madre incensata, madre odiata, madre protettrice, madre
santa, madre omicida, madre sensuale e sessuale, è una presenza (o assenza)
costante che traccia linee nel biografismo e/o nell’autobiografismo degli
intellettuali. Per alcuni scrittori la madre è fonte di ispirazione. Per
altri,la relazione tra la madre e il testo è più ambigua. In effetti, la madre
è spesso vista come minaccia,una specie di mostro dalle dimensioni mistiche e
mitiche. La figura della madre,in ogni caso, è un topos della letteratura di
ogni tempo e di ogni luogo, ma le modalità propositive, sia a livello tematico
che stilistico, mutano non solo in base al contesto storico-culturale in cui
gli artisti hanno vissuto ed operato, ma anche in base alla loro specifica
individualità culturale e caratteriale. Raccontare come i poeti e gli scrittori
hanno “raccontato” la “Madre” è praticamente impossibile. Troppi sono i
romanzi, i racconti, gli scritti che la vedono protagonista, dall’antichità
(già nella letteratura e nel teatro greco e romano), passando attraverso la
letteratura medievale, moderna e contemporanea. Proviamo e
limitiamoci ad alcuni
esempi.Andromaca, moglie di Ettore e madre di Astianatte, fu la più
triste e infelice, simbolo di maternità violata, della madre, cioè, che si vide
uccidere il figlio sotto gli occhi e nel modo più barbaro, secondo quanto narra
la leggenda (da Sofocle a Euripide, passando attraverso Racine e Chateaubriand,
in molti hanno scritto di lei e del suo dolore immenso). La storia, invece, ci
ha trasmesso la coraggiosa figura di Cornelia, madre dei Gracchi che, rimasta
vedova in tenera età, rifiutò di sposare Tolomeo Fiscone, re d’Egitto, per
consacrarsi alla crescita e all’educazione dei figli. Di lei, famosa la
risposta data ad una matrona romana che ostentava le sue pietre preziose, “ecco
i miei gioielli” facendo riferimento ai figli. Potremmo proseguire ma
preferiamo trasmettervi qualcosa di altrettanto profondo, l'amore dei
figli...poesie dolcissime da dedicare alla mamma nel giorno della sua festa.
Nella letteratura del mondo classico, epica o drammatica, la
madre, anche se dea, vive in funzione del figlio, lo protegge come fa Teti con
Achille o, nell’Eneide, Venere con Enea; è disposta ad annullarsi del tutto per
lui e se il figlio muore, come accade alla madre di Eurialo, perde ogni ragione
di vita.
Virgilio, nelle Bucoliche, dà alla madre un ruolo di primaria
importanza nella vita dell’uomo che è esortato a sorridere a colei che tanto ha
sofferto per metterlo alla luce:
"Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem,
matri longa decem tulerunt fastidia menses"...
"Comincia, o piccolo fanciullo, a riconoscere col sorriso
la madre:
alla madre nove mesi arrecarono lunghi travagli"...
Raramente nella letteratura classica troviamo madri feroci e
spietate: suscita scandalo , infatti, un personaggio trasgressivo come Medea
che, accecata dalla gelosia per la rivale e dal desiderio di vendetta nei
confronti di Giasone che l’ha tradita, arriva ad uccidere i figli avuti da lui. Per tutto il Medioevo e fino al Seicento la figura della
madre si confonde ed è rappresentata con l’immagine sacra della Madonna, madre
di tutte le madri.
Col passare dei secoli cambia la rappresentazione della
figura materna e cambia anche il rapporto tra l’autore e il soggetto: la madre
cantata diventa la dedicataria di una poesia da parte del figlio poeta
che si rivolge a lei per lo più in modo diretto. Nei momenti di sofferenza ella diventa un punto di
riferimento saldo, il “nido” a cui l’uomo aspira per ritrovare l’armonia e la
serenità.Diventa la depositaria dei valori familiari, il tramite di
vite lontane, l’unica certezza confortante che può vincere l’inquietudine
angosciosa.
"La madre or sol, s' io dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto"...(U. Foscolo- In morte del fratello Giovanni- vv 5-6)
Una poesia dedicata alla madre diventa il bilancio di una
vita, la messa a fuoco di un rapporto, della lontananza, del rimpianto, della
nostalgia, del rimorso. Tanti i poeti che hanno dedicato i loro versi alla madre:
"E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano"... Ungaretti,
La madre (1930) in Sentimento del tempo.
La madre che ci ha messo al mondo e aiutato in vita, diviene
l’ emblema di un amore che dura oltre la morte, una forza senza eguali, in
grado di sfidare la volontà superiore dell'Eterno affinché il figlio sia
perdonato e ammesso in Paradiso. Un rapporto quello con la madre che esclude qualsiasi altra
presenza . La madre è il passato da cui è difficile staccarsi. E’ colei che dà
coraggio e conforto nei momenti di pianto e dolore. E il Poeta scrive alla Madre in un immaginario colloquio
"Mater dulcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve"...(S. Quasimodo. Lettera alla madre)
Quanti sulla terra possono e sanno rivolgersi alla propria
madre con l'espressione di Salvatore Quasimodo? "Mater dulcissima"...
"ora ti ringrazio,
questo voglio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori"...
Quanti di noi hanno o hanno avuto la forza di ringraziare la
madre per ciò che ci dà , ci ha dato, per ciò che ha saputo comunicarci, per i
sorrisi che, speso, tra le lacrime ci ha donato? Non siamo, forse, noi figli,
pronti più a puntare il dito che a tendere la mano?
Ma le madri conoscono, più di quel che dicono, gli animi dei
figli:
"E’ difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
}Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile"… (P.P.Pasolini-Supplica a mia madre)
Comprendono anche le parole non dette.E se sbagliano lo
fanno solo per amore.
E anche lo sconosciuto poeta disse alla Madre, oramai
mitizzata:
“Sei bella sullo
spagnolesco balcone
in calce bianca,
i capelli tinti di
rosso geranio.
Ineffabile figura
profumata di basilico,
tu sei la coscienza
dell’infanzia"…
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blog culturale fondato dalla giornalista Lilli D'Amicis