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domenica 4 ottobre 2015

La figura della madre in letteratura.



Chi non ricorda il ritratto struggente della madre di Cecilia nei Promessi Sposi, Maruzza la Longa ne I Malavoglia, Fantine, la madre di Cosette, ne I Miserabili, la madre di Ombretta in Piccolo mondo antico? La figura della madre ha ispirato scrittori e artisti di tutti i tempi; sono testi molto conosciuti, inseriti nelle antologia di letteratura delle scuole di ogni ordine e grado per essere studiati e commentati. Eppure, questi testi hanno sempre il loro fascino e stupiscono anche dopo molte frequentazioni.Pittori, scrittori, musicisti, commediografi… L’arte in generale  ha sempre tributato un ruolo centrale alla figura della mamma, così centrale che moltissimi artisti hanno provato a raccontarla, rappresentarla, musicarla infondendo nelle loro opere tutta la dolcezza, l’amore e la grandezza che il soggetto stesso ha ispirato loro.Madre incensata, madre odiata, madre protettrice, madre santa, madre omicida, madre sensuale e sessuale, è una presenza (o assenza) costante che traccia linee nel biografismo e/o nell’autobiografismo degli intellettuali. Per alcuni scrittori la madre è fonte di ispirazione.
Per altri,la relazione tra la madre e il testo è più ambigua. In effetti, la madre è spesso vista come minaccia,una specie di mostro dalle dimensioni mistiche e mitiche. La figura della madre,in ogni caso, è un topos della letteratura di ogni tempo e di ogni luogo, ma le modalità propositive, sia a livello tematico che stilistico, mutano non solo in base al contesto storico-culturale in cui gli artisti hanno vissuto ed operato, ma anche in base alla loro specifica individualità culturale e caratteriale. Raccontare come i poeti e gli scrittori hanno “raccontato” la “Madre” è praticamente impossibile. Troppi sono i romanzi, i racconti, gli scritti che la vedono protagonista, dall’antichità (già nella letteratura e nel teatro greco e romano), passando attraverso la letteratura medievale, moderna e contemporanea. Proviamo e limitiamoci ad alcuni esempi.Andromaca, moglie di Ettore e madre di Astianatte, fu la più triste e infelice, simbolo di maternità violata, della madre, cioè, che si vide uccidere il figlio sotto gli occhi e nel modo più barbaro, secondo quanto narra la leggenda (da Sofocle a Euripide, passando attraverso Racine e Chateaubriand, in molti hanno scritto di lei e del suo dolore immenso). La storia, invece, ci ha trasmesso la coraggiosa figura di Cornelia, madre dei Gracchi che, rimasta vedova in tenera età, rifiutò di sposare Tolomeo Fiscone, re d’Egitto, per consacrarsi alla crescita e all’educazione dei figli. Di lei, famosa la risposta data ad una matrona romana che ostentava le sue pietre preziose, “ecco i miei gioielli” facendo riferimento ai figli. Potremmo proseguire ma preferiamo trasmettervi qualcosa di altrettanto profondo, l'amore dei figli...poesie dolcissime da dedicare alla mamma nel giorno della sua festa.Nella letteratura del mondo classico, epica o drammatica, la madre, anche se dea, vive in funzione del figlio, lo protegge come fa Teti con Achille o, nell’Eneide, Venere con Enea; è disposta ad annullarsi del tutto per lui e se il figlio muore, come accade alla madre di Eurialo, perde ogni ragione di vita.
Virgilio, nelle Bucoliche, dà alla madre un ruolo di primaria importanza nella vita dell’uomo che è esortato a sorridere a colei che tanto ha sofferto per metterlo alla luce:
"Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem,
matri longa decem tulerunt fastidia menses"...
"Comincia, o piccolo fanciullo, a riconoscere col sorriso la madre:
alla madre nove mesi arrecarono lunghi travagli"...
Raramente nella letteratura classica troviamo madri feroci e spietate: suscita scandalo , infatti, un personaggio trasgressivo come Medea che, accecata dalla gelosia per la rivale e dal desiderio di vendetta nei confronti di Giasone che l’ha tradita, arriva ad uccidere i figli avuti da lui. Per tutto il Medioevo e fino al Seicento la figura della madre si confonde ed è rappresentata con l’immagine sacra della Madonna, madre di tutte le madri.
Col passare dei secoli cambia la rappresentazione della figura materna e cambia anche il rapporto tra l’autore e il soggetto: la madre cantata diventa la  dedicataria di una poesia da parte del figlio poeta che si rivolge a lei per lo più in modo diretto. Nei momenti di sofferenza ella diventa un punto di riferimento saldo, il “nido” a cui l’uomo aspira per ritrovare l’armonia e la serenità.Diventa la depositaria dei valori familiari, il tramite di vite lontane, l’unica certezza confortante che può vincere l’inquietudine angosciosa.
"La madre or sol, s' io dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto"...(U. Foscolo- In morte del fratello Giovanni- vv 5-6)
Una poesia dedicata alla madre diventa il bilancio di una vita, la messa a fuoco di un rapporto, della lontananza, del rimpianto, della nostalgia, del rimorso. Tanti i poeti che hanno dedicato i loro versi alla madre:
"E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano"... Ungaretti,  La madre (1930) in Sentimento del tempo.
La madre che ci ha messo al mondo e aiutato in vita, diviene l’ emblema di un amore che dura oltre la morte, una forza senza eguali, in grado di sfidare la volontà superiore dell'Eterno affinché il figlio sia perdonato e ammesso in Paradiso. Un rapporto quello con la madre che esclude qualsiasi altra presenza . La madre è il passato da cui è difficile staccarsi. E’ colei che dà coraggio e conforto nei momenti di pianto e dolore. E il Poeta scrive alla Madre in un immaginario colloquio
"Mater dulcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve"...(S. Quasimodo. Lettera alla madre)
Quanti sulla terra possono e sanno rivolgersi alla propria madre con l'espressione di Salvatore Quasimodo? "Mater dulcissima"...
"ora ti ringrazio,
questo voglio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori"...
Quanti di noi hanno o hanno avuto la forza di ringraziare la madre per ciò che ci dà , ci ha dato, per ciò che ha saputo comunicarci, per i sorrisi che, speso, tra le lacrime ci ha donato? Non siamo, forse, noi figli, pronti più a puntare il dito che a tendere la mano?
Ma le madri conoscono, più di quel che dicono, gli animi dei figli:
"E’ difficile dire con parole di figlio
  ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
  ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
  è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
  alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
  d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
  sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
  alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
  l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
}Sopravviviamo: ed è la confusione
  di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
  Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile"…
  (P.P.Pasolini-Supplica a mia madre)
Comprendono anche le parole non dette.E se sbagliano lo fanno solo per amore.
E anche lo sconosciuto poeta disse alla Madre, oramai mitizzata:
“Sei bella sullo spagnolesco balcone
in calce bianca,
i capelli tinti di rosso geranio.
Ineffabile figura profumata di basilico,
tu sei la coscienza dell’infanzia"…


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ammazzato nel novembre del 1975

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