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lunedì 23 settembre 2013

Alberto Bevilacqua e Giovanni Boccaccio tra la Califfa e Fiammetta nell’eros di “Bosco d’amore”

Un raccontare un raccontarsi

di Pierfranco Bruni

Alberto Bevilacqua e Giovanni Boccaccio
Un legare l’eros alla vita e la vita ai giorni che si raccontano. Oltre la storia ma nella esistenza dei personaggi che tracciano esistenza. Raccontarsi è superare il silenzio restando nelle immagini o nell’immaginario.
Tra il viaggiare letterario di Bevilacqua e la presenza delle donne, che hanno arricchito la sensualità e la magia delle passioni di Boccaccio resistono elementi simbolici e mitici, che sono abbastanza “infiltrati” in quella intelaiatura letteraria, che ha strutturato la visione del “Decamerone”.

Ma Bevilacqua ha lavorato sul Boccaccio. Ha dato vita ad uno scenario, nella contemporaneità, in cui le donne hanno una alchimiia particolare. A cominciare dalla Califfa. Donna che ha una sua femminilità “novellante”.
Alberto ha portato sulla scena, nel 1982, una novella (o un capitolo se il testo dei Boccaccio lo si considera un romanzo) del “Decamerone”. Si tratta di “Bosco d’amore”. Si narra la storia d’amore di due giovani che appartengono alle famiglie dei Colonna e degli Orsini. Famiglie rivali. Pietro e Agnolella. L’ambientazione costruita a Roma. Un film prodotto dalla Rai, per la durata di 113 minuti, con una straordinaria interpretazione di Monica Guerritore.
Bevilacqua va oltre la funzione che Pasolini ha dato alle giornate boccaccesche. In questo rapportarsi, Bevilacqua rilegge il costume di un’epoca ma soprattutto intavola una scenografia attraverso un colloquiare, tra i due personaggi, che lo riconducono ai suoi romanzi. L’esperienza degli amori, vissuti letterariamente e codificati sulle pagine da Bevilacqua, trovano in questo suo confronto con l’autore di Fiammetta una vissuta partecipazione.
Quanti personaggi femminili tracciati nei romanzi di Bevilacqua rimandano a Fiammetta? Dicevo: a partire dal personaggio della Califfa sino alla Califfa che ritroviamo in “Roma Califfa” le metafore si intrecciano con un romanzare la vita. Anche quella vita che già di per sé presenta un incontro tra il vissuto come vita e il linguaggio come mosaico narrante.
Da questo punto di vista il gioco delle ironie tra Bevilacqua e Boccaccio è fondamentale. Nel primo ci sono i rimandi dei luoghi che vanno da Parma a Roma. nel secondo quei rimandi richiamano fortemente la Toscana e Napoli. La Fiammetta napoletana può essere la Califfa della sua terra e poi romana? Ma il gioco ad incastro tra i due scrittori è dato dalla carnalità della donna, ovvero da quella sensualità che fa vivere le parole in un leggiadro e incantevole canto magico.
Sia in Boccaccio che in Bevilacqua c’è la magia e ci sono i suoni perché insistono i ritmi. Già nell’incipit de “La Califfa” si legge: “Si fa presto a dire: quella è una slandra, una donna da rifiuti. Ti mettono la croce addosso e addio, poi fanno le orecchie del sordo”.
Basterebbe ricostruire alcuni passaggi della “Elegia di Madonna Fiammetta” per stabilire, immediatamente, alcuni “corti” o lunghi parametri tutti letterari e intercalati da un recitativo che è poetico. Perché il romanzo di Bevilacqua si può leggere con l’andatura della poesia e il testo di Boccaccio è un romanzo nel verseggiare dei linguaggi che si incontrano. Si tratta di una questione di stile. Diremmo di stile alto sul piano della vera letteratura, perché Boccaccio è vera letteratura che attraversa le epoche e si intaglia nella nostra contemporaneità e Bevilacqua è un maestro nella contemporanea novecentesca pagina della letteratura.
Questo mio voler mettere allo specchio, senza alcuna maschera ma anche senza futili accorgimenti strumentali narranti o critici, Fiammetta e la Califfa, in due temperie completamente diverse, non è una provocazione. È un raccontare la letteratura attraverso la centralità del personaggio rendendolo destino e avventura. Ma, oltre ciò, le similitudini sono non equivocabili. In Bevilacqua la lezione di Boccaccio è inesorabile.
Due grandezze che sono riusciti a dialogare intorno ad un tema fondamentale nei processi letterari: l’eros che diventa sensualità e si fa  “anima amante”. Percorrerli, entrambi, significa vivere la letteratura oltre gli schemi. La storia di Pietro e Agnolella è una storia d’amore nella profondità di un secolo che rompeva gli schemi della tradizione in un contesto che si affacciava all’Umanesimo.
Il mazzo dei capelli della Califfa in una geografia che è l’Emilia, e riportata nei quartieri di Roma o identificata in una Roma Califfa delle pagine ultime di Bevilacqua, è la Fiammetta che percorre il suo amore da Napoli sino alla Toscana. Ma l’amore è centrale. Anzi come dice, appunto, la Califfa: “Amore, amore, amore, amore mio…”.
Tra Boccaccio e Bevilacqua non ci sono epoche di mezzo. C’è un sentire comune. Ma la grande letteratura ha il dono di ritrovarsi. Sempre. Nonostante i giudizi che restano lungo le vie e si appassiscono con il cadere del vento.

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