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giovedì 7 febbraio 2013

Pericle e la Carfagna:quando il sacro s’imbatte nel profano

In una recente trasmissione televisiva del giovedi’ sera su La 7, condotta da Michele Santoro, piu’ e piu’ volte la sig.ra Carfagna,  ex ministro del Pdl, rivolgendosi al giudice Ingroia,suo interlocutore, gli diceva: ”…ecco, e’ arrivato Pericle col suo discorso agli Ateniesi…”.Questa frase e’ stata ripetuta come mera cantilena nell’arco dell’intera serata, ad ogni intervento di Ingroia, per cui la mattina seguente non ho potuto fare a meno di andare a  rileggermi questo scritto di cui conservavo  lontane memorie liceali.Non so se la sig.ra Carfagna lo abbia letto anche lei:io credo di no,certamente le sara’ stato solo  riportato e ,anche, in maniera errata. E allora leggiamoci qualche riga ,tratta  dal  famoso  discorso di Pericle agli ateniesi (e agli altri popoli), pronunciato nel 461 avanti Cristo (Tucidide, Storie, II, 34-36):
Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri,chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.Qui ad Atene noi facciamo così.La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.Qui ad Atene noi facciamo così.Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.Qui ad Atene noi facciamo così…

Il discorso di Pericle, impressiona per la sua modernità, pur con tutti i distinguo del caso. La società antica ammetteva lo schiavismo, non era certamente pacifista come si intende oggi né tantomeno femminista, nel discorso lo spazio riservato alle donne é quasi nullo e fa uno sbrigativo appello alla loro "vera natura". Si sente forte il senso tipico della Storia nelle società antiche, quel senso dell'onore e della reputazione presso i posteri che oggi è praticamente perduto.Se Pericle insiste più volte nell'affermare che il buon cittadino ateniese si occupa tanto onestamente degli affari privati quanto di quelli pubblici, viene da pensare che il problema del conflitto d'interesse fosse già ben presente nella Atene di 2.500 anni fa.Pericle orgogliosamente ribadisce il diritto della meritocrazia contro i privilegi della casta dei nobili, e ci fa capire che egli fa parte di una lotta sociale in corso fra il nuovo ceto emergente e la nobiltà conservatrice. Il suo progetto di Democrazia Radicale è globale, in quanto si pone come modello di sviluppo per tutta la Grecia.Nel discorso di Pericle il progetto della nuova Società viene perseguito coinvolgendo e responsabilizzando il cittadino, che vive in uno Stato egualitario (ma solo per i liberi), aperto all'immigrazione e allo scambio commerciale, nuove fonti di accresciuto benessere. Questo cittadino ateniese abbraccia completamente la vita politica e la dialettica non lo spaventa, ma pretende di essere informato "abbastanza bene" sulla gestione della cosa pubblica, quando le sue attività sono rivolte ad altri settori.L'orgoglio per questa nuova idea di Stato è profondo, e la sola idea di perdere un bene talmente prezioso come la Democrazia, fa sì che i cittadini stessi non esiteranno a sacrificare la propria vita per difenderlo. Dunque morire per lo Stato diventa un dovere prima di tutto verso se stessi. Ma tutti i cittadini devono partecipare alla difesa, in quanto l'esercito di popolo è prima di tutto una garanzia di sicurezza interna, perché "non è possibile che prendano decisioni imparziali e giuste coloro che corrono dei rischi senza esporre al pericolo anche i propri figli come gli altri". Tutti concetti che riecheggeranno durante la Rivoluzione Francese.

Dopo averlo riletto e soppesato, ho ripensato all’intervento  di Michele Serra su la Repubblica del 5 ottobre 2011: «Dicono tutti che c'è la crisi ma i ristoranti sono pieni» è un classico dell'uomo della strada. Lo dice il tassista, lo dice l'avventore del bar, probabile che lo abbia detto ciascuno di noi in uno di quei momenti di spensierata dabbenaggine che costellano la vita di ogni persona qualunque. Sentire per la prima volta pronunciare quella frase al G20, da un capo di governo, è una svolta storica: vuol dire che l'uomo della strada, con tutta la sua spensierata dabbenaggine, è arrivato al vertice.Ci ritroviamo dunque a essere governati da uno qualunque, che quando pensa una fesseria qualunque la dice a tutti. Probabile che alcuni italiani ne siano soddisfatti: “che bello, finalmente un pirla come me è al potere, questa sì che è democrazia».
Ma è probabile, anche, che altri italiani, ne siano invece desolati. Forse suggestionati da vecchie letture scolastiche (Pericle, per esempio) pensavano che la democrazia fosse una selezione dei migliori. Aperta a tutti, ma destinata a individuare i migliori. Il vecchio concetto di classe dirigente, insomma! Ritrovarsi rappresentati nel mondo da uno che pensa e parla come l'ultimo di noi è un bruciante fallimento. Votare per uno “come noi” significa sprecare il voto e sprecare la democrazia. Vogliamo votare per uno che sia migliore di noi!


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