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mercoledì 12 settembre 2012

La Claretta Petacci del romanzo di Pierfranco Bruni devota di Santa Rita

La Santa dei casi impossibili nelle preghiere dell’amante del Duce
in “Passione e morte. Claretta e Ben” edito da Pellegrini
 di Marilena Cavallo*

 "Passione e morte. Claretta e Ben" (Pellegrini editore, pagine 152, euro 14.00) è l’ultimo romanzo di Pierfranco Bruni. Un romanzo che ha aperto un vasto dibattito nazionale all’interno della dialettica sia letteraria che storica. Pierfranco Bruni recupera la drammatica  e “illuminante” avventura – destino tra Claretta Petacci e Benito Mussolini e ne traccia, nella temperie del Fascismo morente, un romanzo. Ci sono personaggi, nomi che ritornano, vite spezzate. Campeggia nelle parole di Claretta Petacci anche una costante devozione a Santa Rita. Ma andiamo per ordine. 
La storia c’è ma la si cattura al di fuori del rappresentato in un romanzo che ha come centralità, certamente,  il legame tra Claretta Petacci e Benito Mussolini ma ha soprattutto come elemento narrante la figura di un Claretta che per il troppo amore si è lasciata morire. Il concetto di “passione” nel romanzo di Pierfranco Bruni può essere letto in una articolazioni di metafore e di collocazioni non solo dentro la sensualità di un rapporto ma anche nella religiosità dell’amore. In questo caso di amore e morte. Infatti la “passione”, che campeggia nel titolo, ma si evince in tutte le oltre 150 pagine del testo che fanno da controcanto alla prima edizione (una piccola plaquette di poche pagine risalente al 1996 dal titolo “Claretta e Ben. Il mio amore è con te”) si intreccia con la “morte”.
Passione e morte si legano nel destino di due personaggi che vengono recuperati come riferimenti non soltanto letterari ma si inseriscono in una pagina che è tutta giocata sulla griglia della letteratura.
Infatti, accanto al racconto che Bruni raccoglie dai tasselli della storia ci sono elementi definiti, dallo stesso scrittore, ad intreccio. Accanto a dati precise, a punti storici, a raccordi tra la memorialistica e il sogno compaiono delle lettere immaginarie che costituiscono il vero corpus del romanzo e qui Bruni si rivela nella sua “destrezza” istrionica tra il poeta e il narratore. Ma è chiaro che Claretta non è un immaginario. È la donna che ha segnato le figure femminili di uno scrittore tanto che compare in altri suoi romanzi anche quando la dimensione letteraria – onirica si sposta su altri mosaici esistenziali e letterari.
Il fatto che mi ha commossa è la devozione che Claretta ebbe per Santa Rita, la Santa dei casi impossibili. E Bruni, più volte, fa riferimento alla Claretta che si rivolge a Santa Rita. La donna del Duce è la donna profondamente legata alla cristianità della storia drammatica di Santa Rita e proprio quando comprende il tragico scenario dell’epilogo, in preghiera, Claretta invoca Santa Rita.
Nelle lettere immaginarie, ma si tratta di un fatto vero, Bruni ritorna su questa visione. Già, visione. Un amore nella tragedia della storia. Non è facile giudicare e tanto meno esprimere giudizi. Sia il termine passione che il concetto di morte hanno dentro il loro viaggio delle rivelazioni. 
Credo che sia un romanzo che vada letto e meditato. Non bisogna pensare che ci sia la storia a prendere il sopravvento. Sono le emozioni, il teatro della vita, il tragico tassello dei fatti. In una lettera, ormai resa pubblica e di cui Bruni ne parla e le cui parole restano appese ai fili del tempo, Claretta scrive a Benito: “Il destino dei grandi è forse quello di essere traditi. È triste…”.
Il romanzo di Bruni, dal suo viaggio a Giulino di Mezzegra al dialogo con il padre, alle ultime pagine – diario raccontano, in fondo, il travaglio sia di un’epoca e l’importanza che ebbe Claretta, con il suo amore, nella vita di Mussolini, come uomo. La testimonianza di Santa Rita in Claretta è una forza e un messaggio, pur nella ambiguità stessa del vivere di Claretta, che vive tra la passione e la morte. Proprio nel momento del tragico epilogo Claretta è una donna orante che invoca Santa Rita.

* Saggista e docente nei Licei

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