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lunedì 7 maggio 2012

La perenne diffidenza del popolo verso “la casta”

Ciao amici, dopo un periodo denso di impegni professionali, rieccomi a voi. Lo faccio condividendo con voi uno scritto del prof. Alberto Sobrero che ha commentato un proverbio salentino che fa intravedere  la perenne diffidenza del popolo nei confronti della "casta". Buona lettura.

 L’abbucatu è ccomu lu préviti, ti tutti tiémpi, méti
[L’avvocato è come il prete / in tutti i tempi miete]
(Taranto)

di Alberto Sobrero
Bruno Maggio. China
Tutto il  Salento è ricco di proverbi che disegnano in controluce la mappa del potere in una società pre-moderna, tratteggiando il profilo dei potenti visti dal basso, dagli strati più poveri e indifesi della società. Possiamo trovare  il papa e il re, lontani e astratti detentori di potere, e lu patrunu, concreto e vicino padrone con cui il contadino aveva a che fare nella vita di tutti i giorni.

Il proverbio che vado a commentare,  individua, invece, due personificazioni del potere, anch’esse concrete e reali, due pilastri della vita sociale: il prete e l’avvocato.

 Queste figure, nella cultura popolare, sono circondate da un’aura di grande prestigio ma anche di inquietante mistero: l’una è figura di mediazione fra il mondo reale e l’aldilà – il mondo degli angeli e dei demoni, delle preghiere rituali e dei castighi terribili –, l’altra è figura di collegamento fra il mondo dei fatti nudi e crudi e il mondo misterioso delle parole ‘di scuola’: parole che possono cambiare la vita, portare il bene o il male anche in forma estrema. Uno è l’espressione della legge divina, l’altro della legge terrena, e per questo sono rispettati e temuti, amati e odiati.

A ben vedere, la figura del prete, in molte culture popolari, si avvicina a quella dello sciamano, per la misteriosità delle sue formule magiche, la complessa ritualità dei suoi simboli esoterici, dei gesti ieratici, delle vesti cerimoniali così lontani dai simboli dalla gestualità e dal vestire della vita ordinaria, per il riferimento costante a divinità misteriose (se non misteriche) e potentissime. Anche la figura dell’avvocato è circondata da un’aura misterica: anche lui usa parole ‘magiche’, incomprensibili, si esprime per formule e rituali, esercita con tocco e toga, fa riferimento costante a una terribile tavola delle leggi… Nella più positiva delle raffigurazioni ha la fisionomia del manzoniano Azzeccagarbugli: giocoliere delle parole (le parole della furbizia e dell’imbroglio, il latinorum che confonde), sempre schierato dalla parte dei potenti.

Da questo sospetto latinorum e da questa costante alleanza coi potenti nasce la diffidenza di fondo per queste due figure, che della comunità conoscono tutti i segreti ma non ne sono mai percepiti come membri ‘alla pari’.

Ed è così che, in molte rappresentazioni popolari, prete e avvocato sono figure assolutamente negative, come nel nostro proverbio. Agli occhi smagati del contadino l’esperienza quotidiana la vince sul fascino dei cerimoniali liturgici e avvocateschi: vede che i suoi miseri guadagni sono soggetti ai capricci delle stagioni e delle annate, sono occasionali e saltuari, a volte ridotti a niente, mentre il prete con le elemosine e le donazioni, l’avvocato con le sue parcelle salate si assicurano introiti robusti per tutto l’anno. Il contadino miete una volta all’anno, il prete e l’avvocato tutto l’anno.

Altro che figure ‘superiori’! L’avvocato può mandarti addirittura in rovina: un altro proverbio recita: “A cci vè ddò l’abbucatu / pérdi l’ùrtumu tucatu” (Chi va dall’avvocato / perde anche l’ultimo ducato). Per il prete va anche peggio, perché la cultura contadina, quando si tratta di figure ostili, non conosce leziosità né gentilezze d’animo: un proverbio calabrese – conosciuto in varianti diverse anche altrove – sentenzia addirittura: “Priéviti, muénici e ppàssili / càzzili lu capu e llàssili”, ovvero “Preti, monaci e passeri / schiacciagli la testa e lasciali”.

Una volta lo chiamavano odio di classe. Oggi si parla di privilegi di casta. Ma nella compagine sociale, in fondo, non sembra che sia cambiato molto.

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