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domenica 22 aprile 2012

La Poesia e’ creatura di Dio.

"Padre David", ha scritto Carlo Bo, "ha avuto da Dio due doni: la fede e la poesia. Dandogli la fede gli ha imposto di cantarla tutti i giorni". E David Maria Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992)  ha continuato a cantare, fino all'estremo....
Padre David , come si intuisce  leggendo le sue biografie e, ancor più, le sue opere, non è stato un uomo qualsiasi nè un sacerdote facile(era chiamato “La coscienza critica della Chiesa”). Non lo è stato per se stesso, non lo è stato per la Gerarchia (nè quella socio-politica, nè quella ecclesiastica), non lo è stato per quanti lo frequentavano.
Uomo forte, tenace, convinto; friulano di famiglia contadina poverissima, dove ha ricevuto una fede intensa, severa, incrollabile. Anima sempre tormentata, combattiva, accesa al fuoco dello Spirito Santo, Servo di Maria sempre, fino all'ultimo istante della sua esistenza.
«Dio mi perdoni – scriveva  – di lasciarmi chiamare  poeta: il poeta è un crocefisso, è un profeta, un povero e grande uomo, molto raro. Certo sarà la poesia a salvare il mondo, o meglio, anche la poesia. E così, accettatemi come sono, poiché non oso definirmi». Ci invita a contemplare, a cantare, a pentirci, a sperare. E «dirò tante volte la mia (e forse anche la vostra) disperazione. E dunque, chiamatelo come volete questo mio angolo del mondo, questa finestra sulle cose, purché sia una finestra aperta anche dentro di voi, un angolo dove, almeno per un attimo, possiate udire la Voce, e ascoltarvi fuori di ogni rumore»
Quella di David Maria Turoldo non è la disperazione di Baudelaire, di Verlaine, di Majakovskij o di Esenin. È un desiderio di Assoluto, di ricerca interiore, spirituale, fonte inesauribile di consolazione e speranza. La sua poesia è un dialogo continuo con Dio Padre, un volere tornare a Lui, alla vera Vita.
«L’eterno ci graffia dentro anche se non vogliamo». È un verso semplicemente meraviglioso, che si commenta da solo. E ancora: «La possibilità, o Cristo, che ci offri è questa: la quotidiana morte, unica via all’eterno domani».
Profondo conoscitore della Bibbia, di cui è intrisa la sua lirica, e attento ai bisogni dell’uomo, padre Turoldo visse la povertà come testimonianza e arricchimento. Fustigatore dei mali di questo mondo, non esitava a denunciare i soprusi e le ingiustizie. Si indignò per l’oblio intorno alla figura di mons.Romero: «Chi ti ricorda ancora, fratello Romero? Ucciso infinite volte dal loro piombo e dal nostro silenzio». Ma era anche aperto al dialogo, con chiunque: «Fratello ateo, nobilmente pensoso alla ricerca di un Dio che io non so darti, attraversiamo insieme il deserto. Di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fedi liberi e nudi verso il nudo Essere e là dove la Parola muore, abbia fine il nostro cammino».
Nei versi di Turoldo è presente il costante ricordo dell’adorata madre, «contadina del mio Friuli, la più povera del paese», che «usava dirmi: “Figlio, sono cose troppo grandi per noi!”». E nella donna vedeva la «forma estrema del Sogno», l’«anima del mondo», il «grido della creazione».
La sua poesia è poco presente in rete, ma anche su carta non è facile incontrarla. Forse perché il poeta friulano non ha mai frequentato consorterie, bensì esercitato una militanza civile, come sacerdote e come poeta, e un intimo confronto con l'assoluto, due pratiche che offrono poco spazio alle faccende mondane e alle preoccupazioni di marketing. Di fatto, la sua poesia parte dall'evidenza della sofferenza in terra, di un male di vivere dovuto alla povertà e all'ingiustizia, convincimento che lo avvicina a Pasolini.
 Poesia è, per lui conventuale, "spazio di libertà assoluto" e canto della disperazione, la quale si coniugò sempre con il misticismo, con l'idea che credere fosse "entrare in conflitto" anzitutto con Dio, "smisurata vastità [che] ci opprime", "aggressività inesausta" e tuttavia somma "pazienza" cui chiedere un aiuto per gli uomini affinché possano salvarsi in terra.

David Maria Turoldo avrebbe potuto parlare di preghiera, estasi, adorazione, immensa “pìetas” per la sofferenza, avrebbe-come fece- potuto scrivere solo:” Anima mia, non pensare male di Lui: gli è impossibile fare altro. E vedrai, il male non vincerà.” Ma questo è parlare a tu per tu con Dio. Invece, con gli uomini di tutte le culture di tutta la terra, che cosa può creare quel filo impalpabile che cerca ragioni dell’ignoto e, soprattutto, lo comunichi in un dialogo davvero ecumenico?
La divina poesia:

Poesia, tu non morirai
per queste matematiche

ora nostro unico cibo e bevanda.
tu sarai come il fuoco
in seno alla terra
e la voce del mare.
Tua casa è ove nessuno può vivere
dentro la folgore,
e in quell’attimo vedi
ciò che nessuno riesce a vedere
senza che le pupille diventino cenere.
tu sai quanto nessuno può dire,
la gioia e la tristezza
che non hanno ragioni.
(da Gridi e preghiere, Marietti, 2004)

Morì a Milano il 6 febbraio 1992 nel convento di San Carlo al Corso, per un tumore al pancreas. Le esequie furono presiedute dal card. Martini. Fu tumulato nel piccolo cimitero di Fontanella (Bg),oasi di pace e di meditazione per chi e’ alla ricerca del vero e del giusto.

1 commento:

  1. Sono un pittore di Grottaglie quotato anche. Devo dire che gli articoli dell'amico prof.Francescone sono acquerelli.On0re al merito

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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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