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sabato 7 aprile 2012

La Passione di Cristo



Nella serata del 1° aprile 2012,  sulla Tv La 7, è andato in onda il film La Passione di Cristo di Mel Gibson.
Sul film se ne sono dette di cotte e di crude, spaziando dalla condanna piu’ ferma per la  crudezza delle scene alla esaltazione più limpida per il messaggio meraviglioso che vi si cela dietro.
Esso  racconta le ultime dodici ore della vita di Gesù:inizia con la preghiera nell'orto dei Getsemani, il giorno seguente dell'Ultima Cena ,ove il Salvatore resiste alle tentazioni di Satana. Tradito da Giuda Iscariota, il figlio di Dio viene arrestato, portato dinanzi ai capi dei Farisei e condannato a morte.
E’ l’inizio del  calvario di Gesù, prima con la flagellazione da parte dei romani e poi con l'interminabile cammino attraverso Gerusalemme con la croce sulle spalle, per giungere sul Golgota e essere crocifisso. Gesù affronta l'ultima tentazione, quella di essere abbandonato dal Padre, poi alle tre del pomeriggio, muore mentre il cielo viene squarciato dai fulmini e lampi. Va detto fin da subito che la visione del regista americano è tanto interessante quanto cruda e sanguinolenta. Con estremo realismo non si  risparmia allo spettatore neanche un particolare del martirio di Gesù, in alcuni punti forse eccedendo anche nel sadismo. La fedeltà non è solo narrativa ma anche linguistica: nella pellicola, le cui riprese sono state fatte in Italia tra Cinecittà e Matera, si parla solo in latino e in aramaico, tutto è sottotitolato in italiano.E questo, se mi permettete, e’ bellissimo ed affascinante perche’ rende,attraverso le due antiche lingue, l’atmosfera del tempo.

Scevri dalle cattiverie e dai giudizi affrettati , questa  e’ una pellicola che ogni cattolico, raggiunta la maturità, dovrebbe vedere e giudicare con i propri occhi e con il proprio cuore: La Passione di Cristo è un “documentario” tratto dalla Bibbia ,cruento e commovente all'inverosimile, non è un film per tutti, non è un film come gli altri. Non è soltanto Passione, ma soprattutto Amore, Redenzione, Immensità nel Dolore e Speranza nel Credo e nel Futuro degli Uomini. Abbiamo lasciato alle spalle un XX secolo di sangue, genocidi, violenze, guerre,depravazione e deriva di valori sociali e religiosi, abbiamo iniziato un XXI di stragi terroristiche, avidità e guerre fratricide senza fine,alcune volte anche guerre di religione e adesso, quasi all'improvviso, ritroviamo l'immagine di Nostro Signore Gesù Cristo. Forse non è un caso, forse è davvero l'ora di ricordare, in maniera vivida, brutale e straziante, ogni goccia di sangue che Gesù Cristo di Nazareth ha versato per redimerci dal Peccato Originale e forse è davvero l'ora di riflettere su quanto Male da allora ha albergato e alberga in noi e nelle nostre società, divorando le nostre Carni e le nostre Anime, tempio dello Spirito Santo e immenso Dono di Dio. Può una pellicola proiettata nei cinema sollecitarci in tal senso? 
 Il Padre Domenicano Augustine Di Noia, sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede(persona,quindi,al di sopra di ogni sospetto) ha detto: “guardare questo film, costituisce un'esperienza profondamente religiosa per molti. Per me lo è stata. Una cinematografia eccezionale e una recitazione altrettanto brillante, combinate con la profonda introspezione spirituale del regista sul significato teologico della passione e morte di Cristo - tutto ha contribuito ad una produzione di squisita sensibilità artistica e religiosa.   Chiunque veda questo film - credente o non credente - sarà costretto a confrontarsi con il mistero centrale della passione di Cristo e in definitiva con il Cristianesimo stesso: se questo è il rimedio, quale dovrà essere stato il male? Il Curato d'Ars sostiene che nessuno possa avere cognizione di cosa Nostro Signore abbia sofferto per noi; per capirlo, dovremmo conoscere tutto il male causato dal peccato, e questo non lo potremo sapere fino al momento della nostra morte. Solo come una grande opera d'arte può fare, il film di Mel Gibson ci aiuta a cogliere qualcosa che è quasi al di là della nostra comprensione. All'inizio, nell'Orto del Getsemani, il diavolo tenta Cristo con la domanda inevitabile: come può qualcuno sopportare i peccati del mondo intero? È troppo! Cristo quasi soccombe all'idea, ma poi prosegue con convinzione per portare avanti esattamente questo - per accogliere su di sé, secondo la volontà del Padre, i peccati del mondo intero. È davvero impressionante. Vi è un forte senso, presente per tutto il film, del dramma cosmico del quale siamo tutti parte. Non c'è possibilità di rimanere neutrali, e nessuno può semplicemente restare spettatore di questi eventi. La posta in gioco è davvero molto alta - qualcosa che, a parte Cristo stesso, è intuita chiaramente solo da Maria sua madre e dal demonio sempre presente. Gradualmente lo spettatore si unisce ai personaggi in una progressiva comprensione di questo, mentre che l'azione si sposta inesorabilmente dal Monte degli Ulivi verso il Monte Calvario”. 
 Bisogna tener presente che vi sono quattro racconti della passione di Cristo nel Nuovo Testamento, che si concentrano soprattutto sul significato religioso degli eventi. Nel "La morte del Messia" - probabilmente il più completo ed equilibrato racconto della Passione - Padre Raymond Brown ha dimostrato che, pur essendovi alcune differenze tra i Vangeli, essi sono in generale sostanzialmente univoci. Il film di Mel Gibson è un'opera,anche, di artistica immaginazione. Il regista ha incorporato elementi dalla Passione raccontata da Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma rimane fedele alla struttura fondamentale comune ai quattro Vangeli. Entro i limiti possibili in una ricostruzione immaginifica della passione di Cristo, il film di Gibson e’ pienamente fedele al Nuovo Testamento. Cristo è trattato in modo brutale dai soldati romani. Ma non vi è violenza gratuita. La sensibilità artistica all'opera è chiaramente più quella del Grünwald e del Caravaggio, piuttosto che quella del Beato Angelico o del Pinturrichio. Stiamo parlando di un film, certamente, ma Gibson ha chiaramente subito l'influenza della raffigurazione delle sofferenze di Cristo della pittura Occidentale. Il corpo di Cristo estremamente malridotto - graficamente ritratto in questo film eccezionale - deve essere posto in questo contesto di artistica rappresentazione. Ciò che molti artisti meramente suggeriscono, Gibson ce lo vuole mostrare. Pienamente in linea con la Tradizione teologica cristiana, Gibson ci rappresenta il Figlio incarnato che è capace di sopportare ciò che una persona ordinaria non può - sia in termini fisici che di tormento mentale. Il corpo rovinato di Cristo deve essere contemplato con gli occhi del profeta Isaia che descrive il Servo sofferente sfigurato e irriconoscibile. Come è noto, nella storia cristiana, i fedeli sono stati incoraggiati a meditare sulla passione di Cristo. La spiritualità di ogni grande santo - vengono subito alla mente San Francesco, San Domenico, Santa Caterina da Siena - è stata marcata da una devozione alla passione di Cristo. Perché? Perché hanno riconosciuto che non esiste via più sicura per far sgorgare dal cuore umano quell'amore capace di rispondere adeguatamente all'amore di Dio che ha dato il suo Figlio per noi.
Quando l’orrore ha raggiunto il massimo, si inserisce uno stralcio della sua precedente predicazione, quello riguardante l’introduzione di un “nuovo comandamento”. “Vi è stato detto – si legge nei sinottici – amate i vostri amici, odiate i vostri nemici. Ma io vi dico: amate i vostri nemici!” . Questa citazione, nella quale si compendia la più radicale innovazione introdotta dal Cristo, ciò che di lui fa una figura che rompe radicalmente non soltanto con l’impostazione veterotestamentaria, ma che sovverte anche i capisaldi della concezione classica della giustizia, fondata sulla legge del taglione, compare nel film in coincidenza con lo scaricarsi della più selvaggia violenza sull’innocente Gesù.
Credo che il film di Mel Gibson muove le persone a questo tipo di amore. Il cuore dovrebbe essere di pietra per rimanere impassibile di fronte a questo film straordinario e dall'impenetrabile profondità dell'amore divino che esso tenta di rendere vivo sullo schermo.Le immagini appartengono ad una condizione umana confitta nel male e nella sofferenza.
Qualcosa per la quale si può ripetere, con Martin Heidegger, che “ormai solo un Dio ci può salvare”.








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