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giovedì 19 aprile 2012

Dove va la Famiglia?


di Filomena RUSSO
Famiglia (dal lat.  familia (come famulus <servitore, domestico>,da cui deriva )  è voce italica, e indicò dapprima l’insieme degli schiavi e dei servi viventi sotto uno stesso tetto, e successivamente la famiglia nel significato oggi più comune. In senso ampio, comunità umana, formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza , di parentela, di affinità, che costituisce l’elemento fondamentale di ogni società, essendo essa finalizzata, nei suoi processi e nelle sue relazioni, alla perpetuazione della specie mediante la riproduzione.
La società si evolve e i costumi cambiano, ma, talvolta, forse, dovremmo parlare di involuzione. Si sono persi i “valori” con i quali intere generazioni sono state allevate? Sembrerebbe una domanda superflua e /o scontata, ma parliamo di qualcosa che tocca tutti quanti noi, altrimenti  non esisteremmo. Si può fare a meno della famiglia? Guardandosi intorno si ha la sensazione che la famiglia non sia più né un punto di partenza, né un punto di arrivo. Non esiste più la famiglia? Il nucleo caldo come lo definisce il professore Galimberti  sembrerebbe essersi disciolto. La  smania di libertà, o per meglio dire di libertinaggio, che prende i giovani di qualunque età, dagli adolescenti in poi, sembra aver reso la famiglia qualcosa di inutile, anzi di peso. 

I genitori  ingombrano, non servono più, o per meglio dire servono, perché servono per ciò che possono fare per i figli, per ciò che possono offrire loro, per supportarli nei loro bisogni. Poi basta, il resto non é affare loro; i genitori devono solo tacere e andare avanti. I figli sino a non molti decenni fa dovevano cieca obbedienza ai genitori e alla famiglia tutta intera; nonni, zii, parenti vari.  Ora tutto sembra essere cambiato. I ruoli sembrano essere rovesciati, e ,per quanto i genitori insistano nel voler sottolineare ciò che per legge di natura e per convenzione sociale, appartiene loro, pure i figli scalpitano per affrancarsi da un giogo, che sembra loro insopportabile. Se si é  accondiscendenti  si finisce quasi per essere conniventi con le loro scelte e/ o errori. Se si é troppo autoritari, si è considerati degli aguzzini e quindi, mal sopportati. Se si é accomodanti, si rischia di essere presi in giro, insomma non c’é più  quel sano rapporto genitori-figli, che dava ai giovani degli esempi da seguire e ai genitori la soddisfazione di aver vissuto una vita ,sacrificandosi, rinunciando a qualunque cosa,  per il bene della famiglia.
 Spesso, o quasi sempre, i figli diventano o sono degli sconosciuti. “CONOSCI  TE STESSO” dice Socrate, é vero, é molto difficile, ma lo è ancor di più conoscere profondamente l’altro, anche se si tratta dei propri figli. Allora cosa fare?  Si deve andare dritto per la propria strada, rispettando i ruoli e, per rifarsi a Platone :
“Quando un popolo, divorato dalla sete di libertà, é governato da coppieri che gliene versano a sazietà, fino  ad ubriacarlo, accade allora che, se i governanti resistono  alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son dichiarati despoti.  E succede pure che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito uomo  senza carattere, servo;
che il padre impaurito finisce per trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato ;
che il maestro non osa più rimproverare gli allievi e costoro si fanno beffe di lui;
che i giovani pretendono gli stessi diritti, la  stessa considerazione degli anziani, e questi, per non sembrare troppo severi, danno ragione ai giovani.
In questo clima di libertà, nel nome della libertà, non vi é più riguardo né rispetto per nessuno.
In mezzo a tanta licenza nasce e prospera una mala pianta : la tirannia . PLATONE   La Repubblica libro VIII   (IV secolo A. C.)
Auguriamoci che questo momento passi, e che ognuno rientri nel proprio ruolo : Genitori-Figli  Anziani-Giovani  in nome del rispetto  e della buona educazione

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ammazzato nel novembre del 1975

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