di Filomena RUSSO
Famiglia (dal lat. familia (come famulus <servitore, domestico>,da cui
deriva ) è voce italica, e indicò
dapprima l’insieme degli schiavi e dei servi viventi sotto uno stesso tetto, e
successivamente la famiglia nel significato oggi più comune. In senso ampio,
comunità umana, formata da persone legate fra loro da un rapporto di convivenza
, di parentela, di affinità, che costituisce l’elemento fondamentale di ogni
società, essendo essa finalizzata, nei suoi processi e nelle sue relazioni,
alla perpetuazione della specie mediante la riproduzione.
La società si
evolve e i costumi cambiano, ma, talvolta, forse, dovremmo parlare di
involuzione. Si sono persi i
“valori” con i quali intere generazioni sono state allevate? Sembrerebbe una
domanda superflua e /o scontata, ma parliamo di qualcosa che tocca tutti quanti
noi, altrimenti non esisteremmo.
Si può fare a meno della famiglia? Guardandosi intorno si ha la sensazione che
la famiglia non sia più né un punto di partenza, né un punto di arrivo. Non
esiste più la famiglia? Il nucleo caldo come lo definisce il professore
Galimberti sembrerebbe essersi
disciolto. La smania di libertà, o
per meglio dire di libertinaggio, che prende i giovani di qualunque età, dagli
adolescenti in poi, sembra aver reso la famiglia qualcosa di inutile, anzi di
peso.
I genitori ingombrano, non servono più, o per meglio dire
servono, perché servono per ciò che possono fare per i figli, per ciò che
possono offrire loro, per supportarli nei loro bisogni. Poi basta, il resto non
é affare loro; i genitori devono solo tacere e andare avanti. I figli sino a
non molti decenni fa dovevano cieca obbedienza ai genitori e alla famiglia
tutta intera; nonni, zii, parenti vari.
Ora tutto sembra essere cambiato. I ruoli sembrano essere rovesciati, e
,per quanto i genitori insistano nel voler sottolineare ciò che per legge di
natura e per convenzione sociale, appartiene loro, pure i figli scalpitano per
affrancarsi da un giogo, che sembra loro insopportabile. Se si é accondiscendenti si finisce quasi per essere conniventi
con le loro scelte e/ o errori. Se si é troppo autoritari, si è considerati
degli aguzzini e quindi, mal sopportati. Se si é accomodanti, si rischia di
essere presi in giro, insomma non c’é più
quel sano rapporto genitori-figli, che dava ai giovani degli esempi da
seguire e ai genitori la soddisfazione di aver vissuto una vita
,sacrificandosi, rinunciando a qualunque cosa, per il bene della famiglia.
Spesso, o quasi sempre, i figli
diventano o sono degli sconosciuti. “CONOSCI TE STESSO” dice Socrate, é vero, é molto difficile, ma lo è
ancor di più conoscere profondamente l’altro, anche se si tratta dei propri
figli. Allora cosa fare? Si deve
andare dritto per la propria strada, rispettando i ruoli e, per rifarsi a
Platone :
“Quando un popolo,
divorato dalla sete di libertà, é governato da coppieri che gliene versano a
sazietà, fino ad ubriacarlo,
accade allora che, se i governanti resistono alle richieste dei sempre più esigenti sudditi, son
dichiarati despoti. E succede pure
che chi si dimostra disciplinato nei confronti dei superiori è definito
uomo senza carattere, servo;
che il padre impaurito finisce per
trattare il figlio come suo pari, e non è più rispettato ;
che il maestro non osa più rimproverare
gli allievi e costoro si fanno beffe di lui;
che i giovani
pretendono gli stessi diritti, la
stessa considerazione degli anziani, e questi, per non sembrare troppo
severi, danno ragione ai giovani.
In questo clima di
libertà, nel nome della libertà, non vi é più riguardo né rispetto per nessuno.
In mezzo a tanta
licenza nasce e prospera una mala pianta : la tirannia . PLATONE La Repubblica libro VIII (IV secolo A. C.)
Auguriamoci che questo momento
passi, e che ognuno rientri nel proprio ruolo : Genitori-Figli Anziani-Giovani in nome del rispetto e della buona educazione
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