Che ora è ?

martedì 20 marzo 2012

Ricordo in...celluloide.

Era il periodo di chi, privilegiato, poteva permettersi di andare al cinema solo una volta alla settimana, preferibilmente di domenica: si fumava, tutti, uomini e ragazzi fumavano, le donne non ancora... La sala era talmente e costantemente piena di fumo che il cono luminoso della proiezione si stagliava, penetrante, nel buio della sala come il faro abbagliante di un auto nella nebbia più fitta. Fischi, tanti fischi e grida, quando si bruciava la pellicola e l’operatore doveva impiegare qualche minuto per la sua riparazione. E qualcuno ricorda ancora  padre De Luca,gesuita, che metteva la mano sull’obiettivo per…impedire che il pubblico vedesse i…baci che gli attori si scambiavano? “Parlo” della “sala” cinematografica ubicata nelle stanze di palazzo Cicinelli e gestita dalla compagnia di Gesu'.
Altri tempi, che chi non ha vissuto quel periodo  non potrà comprendere e respirarne l’aria. Poi c’erano i salti di immagine, cioè si vedevano  sullo schermo le metà delle immagini proiettate in modo invertito e magari l’operatore si era allontanato dalla cabina di proiezione. Allora la platea all’urlo di “ quadro, quadro, quadro” si scatenava fino a che la proiezione riprendeva regolare. La tensione era continua in platea sino al termine del film.I film erano normalmente in due tempi, qualche volta, per la loro lunghezza, in tre tempi.
Al termine di  ogni tempo,c’era  un’incognita che tutti noi temevano… Ricordate? Era la  Settimana INCOM ,  un celebre cinegiornale che, ai meno giovani, sicuramente ridesterà vecchi ricordi. Il format era settimanale ed era prodotto dalla Industria Cortometraggi Milano (da cui l'acronimo INCOM). Il cinegiornale in pratica era un cortometraggio, un filmato girato in pellicola di breve durata (circa 300 metri pari a 10 minuti) e dedicato a problemi d’attualità o di informazione. L’INCOM  era nata a Roma verso la fine del 1937, grazie al giornalista Sandro Pallavicini e all’appoggio dell’allora Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano. Fino al 1965, anno in cui si cessa la produzione, venne trasmesso nelle sale cinematografiche. Per la generazione degli anni del dopoguerra questo cinegiornale ha così costituito uno dei principali veicoli di informazione, anticipando quanto, in seguito, il telegiornale avrebbe costituito per la maggior parte delle famiglie.
L’affermazione della Settimana Incom giunse in un periodo di grande espansione del cinema in Italia: nel ’48 il numero delle sale era quasi il doppio rispetto a dieci anni prima e i biglietti venduti erano saliti del 75%. Nel settore dello spettacolo, il cinema non lasciava spazio ad alcun altro tipo di intrattenimento: nel 1949 su 70 miliardi incassati dagli spettacoli, il grande schermo se ne era aggiudicati 54. Dopo appena tre anni dalla fine della guerra, in Italia si contavano 6500 sale private e oltre 5000 sale parrocchiali. La crisi della guerra che aveva portato distruzione anche nel mondo del cinema era in via di superamento. Il nuovo cinegiornale interpreta e dà espressione ad un sentimento largamente diffuso nella società dell’immediato dopoguerra: il bisogno di considerare definitivamente chiuso il capitolo bellico. Caratterizzato da un formato breve, dominato da un commento forte e dalla musica, mescolati con interviste dal vivo e commenti fuori campo, i cinegiornali diventarono un ingrediente fondamentale dello spettacolo cinematografico. L’enfasi principale  delle informazioni per propagandare il regime fascista fu il peggior difetto di questi filmati.La Settimana Incom, nata alla vigilia delle prime elezioni democratiche italiane, si inserì in un contesto cine/giornalistico finalmente liberalizzato, raccogliendo l’eredità e l’esperienza maturate durante il fascismo ma presentandosi al pubblico come un soggetto nuovo. Nonostante il ruolo svolto dalla società Incom durante il regime, per il quale produsse documentari di aperta propaganda, e nonostante la permanenza al suo interno delle stesse persone che l’avevano guidata sin dalle origini, il direttore Sandro Pallavicini riuscì ad ottenere la fiducia della classe politica e degli alleati e ad imporsi in breve tempo nel panorama dell’informazione. Il cinegiornale mantenne sempre, a commento dei più importanti eventi politici  (referendum istituzionale, elezioni amministrative), uno stile sobrio, composto, sia per evitare un prematuro sbilanciamento, sia per consolidare un’immagine della Incom come “messaggera” obiettiva e imparziale, sia infine per non acuire le divisioni e le contrapposizioni che attraversavano il tessuto sociale italiano. A questo proposito, la Incom si fece espressione di un principio largamente condiviso dai partiti al governo, quello della pacificazione nazionale, ritenuta indispensabile per sanare le ferite del passato, avviare il Paese verso la democrazia e chiudere definitivamente i conti con il
fascismo, sul quale la Incom evita, anche per ragioni personali, qualsiasi riflessione. La Incom riuscì a costruirsi un’immagine antifascista attraverso la costante celebrazione della Resistenza, esaltata come “secondo Risorgimento” della patria, in linea con l’interpretazione cattolica e con l’esigenza di promuovere un’immagine nazionale e non di parte della lotta per la liberazione.

Anche questa è ...Storia!                                 

2 commenti:

  1. Elio hai due doti la chiarezza e la cultura che già conoscevo di te. Mi piace leggerti.
    Ciao una tua amica

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  2. Era anche il tempo del cono-gelato più piccolo, molto più di quelli attuali, che costava 5 lire, poi c'erano il cono e il cestino da 10 lire, la grattachecca o pisciamarianna sempre di 5 e 10 lire, le ciliegie vendute a mazzetto per strada, come li "russli" o frutti del corbezzolo, il "mulinaro" che col carretto prelevava il grano da macinare, "paghiaredda" che strillava "vagnè osci la carni do' Fuggighetta è marcata", Zazà e Priatò ancor prima di Tanino, Buttiglione e Cannelora, e le "vucale" e le "menzane" riempite alla fontana ...

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