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mercoledì 29 febbraio 2012

Memento audere semper

Il primo marzo del 1938 muore nella sua villa di Gardone Riviera, Gabriele d'Annunzio. Il principe di Montenevoso, come lo aveva insignito per meriti militari il re d'Italia Vittorio Emanuele III, lascia una grandissima produzione letteraria, enciclopedica, che abbraccia l'intero spettro dei generi letterari. Uomo d'azione e di genio d'Annunzio non è mai passato inosservato nella sua vita. Amato visceralmente da tanti, da altrettanti è stato odiato altrettanto visceralmente per i suoi eccessi, i suoi virtuosismi e per la sua erudizione.
Nietzcheano, prima ancora di aver letto Nietzsche, ispira la sua vita all'idea del superuomo, di colui il quale si mette sempre in gioco, rischiando in prima persona, pubblicamente, senza nascondersi dietro l'anonimato(prassi molto praticata ai nostri giorni). Il suo ideale di superuomo quindi è colui che sfida con il suo gesto la mediocrità e la viltà delle masse. Amante della vita in ogni sua manifestazione, amava essere al centro dell'attenzione. Quando questo non avviene più, come dopo la marcia su Roma, quando l'onorevole De Vecchi esprime pubblicamente il suo rammarico per non aver tolto di mezzo "l'ingombrante d'Annunzio", Gabriele comprende di non essere più nelle grazie del regime, ma, pur essendo colui che descrive in maniera sublime la transumanza, non la pratica cioè non prende le distanze dal regime, non cambia casacca e colore politico, come faranno molti suoi amici e colleghi alla caduta del fascismo. Il d'Annunzio è stato sicuramente un fenomeno di proporzioni difficilmente immaginabili. Durante la sua vita ha scritto anche una quantità enorme di motti, che, ben lungi dall'essere delle banali citazioni, rispondevano ad una funzione ben precisa, come incitare all'amore per l'arte e alla dura fatica creativa (i motti del Vate), o all'ardimento e alla imprese eroiche (i motti di guerra) o di sfida al governo e alle istituzioni( i motti di Fiume) e tanti altri. Alla parola "motto" il Devoto Oli scrive: Ogni specie di detto breve, o arguto, o piacevole, o pungente, o proverbiale, o simile. I motti dannunziani divennero espressione non solo della persona ma anche di un'intera comunità, brevi, arguti, pungenti e proverbiali. Come dimenticare Memento audere semper, Osare l'inosabile, Sufficit animus, Ti liscio il pelo, Fiso alla meta, Ardisco non ordisco, Nec recisa recedit, Non ducor duco, Me ne frego!, Cum lenitate asperitas, Immotus nec iners,Rosam cape spinam cave, Habere non haberi e tanti altri . A distanza di 74 anni che cosa resta del grande d'Annunzio? Certamente il messaggio contenuto nella sua capacità fuori del comune di accettare la totalità della vita, e di pensarne e percepirne l'infinito dinamismo come un valore. Il video seguente è un saggio della grandezza del poeta: La pioggia nel pineto declamata da Roberto Herlitzka.

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Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà,
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Pierpaolo Pasolini
scrittore
ammazzato nel novembre del 1975

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